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Dopo 53 anni dalla nascita della città di Lamezia Terme il noto storico Vincenzo Villella svela la verità sulla unione dei tre comuni dì Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, grazie ai documenti forniti dall’avvocato Basilio, figlio del senatore Arturo Perugini.

Le varie supposizioni fatte, alcune totalmente fantasiose, finalmente, cedono il posto alla verità documentale nel libro “Arturo Perugini e la nascita di Lamezia Terme” di Vincenzo Villella, edito da Grafichéditore, presentato al chiostro del museo archeologico di Lamezia Terme.

«L’onore di presentare il libro su Perugini – ha esordito Franco Cimino, che ne ha curato la prefazione – mi ha procurato tanta gioia. Un catanzarese chiamato a parlare di un lametino e di un uomo politico di grandi dimensioni. Egli non è stato soltanto il creatore di Lamezia Terme, ma il geniale ideatore di una grande, modernamente attrezzata, area urbana al centro della Calabria. L’opera del prof. Villella restituisce l’immagine di un Perugini ‘regionale’ (per la sua idea unitaria della Calabria) e regionalista per la sua convinta adesione all’idea che la democrazia italiana si potesse completare, secondo il dettato costituzionale, quale intelligente sintesi tra le due spiccate autonomie, quella dello Stato e quella dei singoli territori. La grande Lamezia per la grande Calabria, un comune forte per una regione forte: questo Perugini ideò. Obiettivo ambizioso. Una realtà straordinaria, posta al centro della regione e dotata di tutti quegli strumenti che hanno solo i giganti del territorio».

Il prof. Villella ha risposto a quanti hanno sostenuto, e continuano a sostenere, che Lamezia Terme sia nata con un peccato originale, con un atto d’imperio, con un progetto calato dall’alto, senza il coinvolgimento delle amministrazioni comunali e senza un referendum popolare. «Ebbene, Perugini – ha detto Villella – aveva due strade da percorrere. La prima: una lunga procedura amministrativa di deliberazioni dei consigli comunali, di autorizzazioni tutorie, di vari e successivi adempimenti municipali, provinciali e nazionali. La seconda strada più spedita e più semplice era quella dell’atto parlamentare. Perugini scelse la seconda della cui democraticità nessuno poteva dubitare, non essendovi nulla di più democratico dell’unanime deliberazione del Parlamento. Lui stesso disse che se si fosse, al contrario, intrapresa la prima strada, l’iniziativa si sarebbe certamente arenata nelle secche degli interessi particolaristici che i consigli comunali non possono evitare di esprimere nel loro seno.

L’editrice Nella Fragale si è detta orgogliosa di aver pubblicato questo libro che non dovrebbe mancare in nessuna famiglia lametina e che, soprattutto, dovrebbe essere letto dai giovani con lo stimolo degli insegnanti nelle scuole. Sulla mancata realizzazione a tutt’oggi di una grande Lamezia, come voleva Perugini, ha espresso le sue opinioni la giornalista Maria Scaramuzzino.

Il figlio del senatore, avv. Basilio Perugini, infine, con molta emozione e commozione ha ripercorso tutte le tappe della vita del papà, sottolineando «i contrasti subiti più che dagli avversari politici soprattutto dal fuoco amico all’interno del suo partito (la DC)». Su questo si è soffermato nel suo breve intervento anche Massimo Sdanganelli uno dei politici sempre a fianco di Perugini nella buona e nella cattiva sorte.

Lamezia Terme, 28 settembre 2021.

Raffaele Spada


Nel 102° anno dalla nascita il senatore viene ricordato dallo storico Vincenzo Villella con il saggio “Arturo Perugini e la nascita di Lamezia Terme” (Grafichè editore) sulla fedele ricostruzione storica non solo delle fasi che nel lontano 1968 portarono alla creazione della città di Lamezia Terme, con l’unione dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, ma anche della biografia umana, politica e professionale di colui che è stato definito il “padre di Lamezia Terme”. «Una personalità di altissimo valore – scrive Villella – uno dei migliori politici del Mezzogiorno al quale non solo Lamezia, sua creatura, ma la Calabria intera deve molto».

Nel saggio troviamo le autentiche idee del tanto amato senatore. «La nuova dimensione amministrativa della città è solo una premessa – affermava Arturo Perugini, mentre su approvava la legge istitutiva in sentao – la realtà che ne consegue dovrà essere un grande fatto democratico, cioè il frutto maturato non soltanto da quelli che l’abbiamo vaticinata, ma anche da chi vi è stato indifferente o l’ha osteggiata, ed ancora oggi continuano a rifiutarla. Ad essa dovranno poi conferire sangue e contenuto, ponderate e attente decisioni di ordine urbanistico, economico, sociale e politico. Così come le dovrà essere data veste decorosa e acconcia perché al futuro si saldi il passato e ai nuovi compiti la tradizione e il costume diano la linfa della continuità e della coerenza di comunità che, pur ingrandendosi e trasformandosi, voglio per sempre restare se stesse». In queste poche parole del senatore Perugini c’è il suo manifesto politico e ideale, rispettoso e tollerante anche verso chi all’epoca osteggiava l’unione dei tre centri, lungimirante e desideroso di offrire alla Calabria intera il riscatto economico e sociale del territorio più ambito della regione: l’istmo lametino.

Come ha scritto il prof. Franco Cimino, che ha curato la prefazione del saggio, «i giovani dovrebbero conoscere Arturo Perugini a fondo, per potersi appassionare alla politica e farla con gli strumenti necessari che le restituiscano la preziosa qualità e il fine del suo agire, che ha perduto».

Al prof. Villella il Quotidiano del Sud ha posto alcune domande. Lei parla di Perugini come lungimirante autore di un grande progetto politico non solo per la piana lametina, ma per tutta la Calabria. Qual era questo progetto?

«Perugini pensava non ad una mera somma amministrativa e territoriale dei tre comuni, non ad una fusione a freddo di tre entità amministrative al solo fine di creare un comune più grande territorialmente e demograficamente. Pensava, al contrario, ad una vera e propria conurbazione nel senso urbanistico moderno del termine. Perugini aveva in mente la nascita di una grande area urbana, una città-regione al servizio dell’intera regione, punto di riferimento nel Mediterraneo per l’Europa che si andava a costituire».

Lei definisce Perugini uno dei nuovi meridionalisti i quali sostenevano che la questione meridionale fosse soprattutto una questione di urbanizzazione, cioè un divario tra l’Italia del nord diffusamente urbanizzata e l’Italia del sud quasi esclusivamente agricola. 

«Perugini sosteneva che sull’urbanistica si giocasse il futuro del Mezzogiorno e che solo la realizzazione di efficaci strutture urbane fosse il presupposto indispensabile del suo riscatto e della sua rinascita. La Calabria, tra le regioni italiane, era la più lontana dai valori urbani riconosciuti per lo sviluppo economico. Occorreva, quindi, un rinnovamento delle strutture urbane della regione. In questa politica di rinnovamento urbano della regione trovava la sua ragion d’essere la nuova città di Lamezia Terme come la intendeva Perugini: una nuova, grande realtà urbana al servizio della Calabria, al centro della regione».

Nello stemma di Lamezia Terme c’è la scritta VIS UNITA FORTIOR. Si è realizzata questa unione?

«Il valore della scritta “Vis unita fortior”, scelta per indicare la forza e l’importanza dell’unione e della partecipazione rispetto all’individualismo della divisione, a mio parere, dopo 50 anni non si è affermato. Lamezia Terme a tutt’oggi non ha messo pienamente in mostra una sua identità. Da 50 anni è nata dai tre ex comuni, ma ancora, purtroppo, solo come ente amministrativo e non già come identità di un’unica, grande comunità come aveva in mente Perugini. Lamezia non ha ancora un proprio riconoscimento».

Raffaele Spada


Un campione di tolleranza e martire del libero pensiero e dei sacri diritti della coscienza” è stato definito dallo storico lametino Vincenzo Villella il teologo Valentino Gentile, originario di Scigliano, alto Savuto, e decapitato a Berna (Svizzera) nel 1566 per le sue idee eretiche. Quella del calabrese Valentino Gentile è stata una delle voci più coraggiose che nel periodo della Riforma protestante e della Controriforma cattolica si levarono contro l’intolleranza. Il suo nome ha avuto un ruolo nell’Europa tra quei ribelli ad ogni forma di comunione ecclesiastica che lo studioso Delio Cantimori ha chiamato “eretici italiani del Cinquecento”.

Lo storico lametino Vincenzo Villella nel corposo saggio “Le vittime di Giovanni Calvino” pubblicato dalla casa editrice Città del Sole ha ricostruito la storia drammatica di Valentino Gentile (Scigliano 1520-Berna 1566) eretico antitrinitario, il quale osò contestare a Calvino il diritto di essere l’unico infallibile interprete della Sacra Scrittura. Egli sosteneva, come il suo “maestro” Erasmo da Rotterdam, che nella traduzione della Bibbia da parte di San Girolamo (la cosiddetta “Vulgata”) c’erano gravi errori, forzature e manipolazioni; ed anche che il dogma della Trinità non ha nessun fondamento nella Scrittura, ma è una invenzione dei teologi; ed infine accusava Calvino di adorare una “Quaternità” e non la Trinità.

Per tutto questo fu accusato di eresia perniciosa dal Concistoro di Ginevra guidato dal teocrate Calvino. Carcerato e torturato per mesi, minacciato di morte sul rogo, coma già era successo a Michele Serveto, si piegò inizialmente all’abiura (finta) per continuare da vivo a difendere le proprie idee e a poterle diffondere nelle chiese d’Europa. Poi, nuovamente arrestato non esitò ad affrontare con coraggio la morte che avvenne a Berna il 10 settembre 1566 per decapitazione.

Sulla base della documentazione archivistica coeva poco esplorata, all’interno del movimento di dissenso religioso italiano ed europeo del XVI secolo, e partendo dal moto riformatore del primo Cinquecento in Italia, Villella segue le tappe della formazione dottrinaria di Gentile nell’Accademia Cosentina, nel Circolo degli Illuminati di Jauan de Valdés a Napoli, nelle riunioni degli antitrinitari e anabattisti dei Collegia Vicentina (in Veneto), fino allo scontro con Calvino a Ginevra nel 1558. I viaggi in Polonia, Moravia e Transilvania, i legami con gli eretici del radicalismo europeo, la finta abiura dopo un primo processo, il rientro in Svizzera, l’arresto e la condanna a morte per decapitazione dopo un lungo secondo processo.

«La sua vicenda avventurosa e tragica, fatta di viaggi, di fughe, di dispute e di lotte dottrinarie, per secoli è stata relegata nell’oblio come se non fosse stato il martire di nessuno e come se si fosse trattato di una vittima secondaria e isolata, un eretico esaltato e folle, il silenzio per secoli ha avvolto il suo nome – osserva Villella – perché le autorità ecclesiastiche hanno fatto di tutto per cancellarne la memoria e disperderne le opere. La sua storia, al pari di quella di altri martiri a lui contemporanei, è stata trascurata in Italia, mentre in Europa e in America figura nella maggior parte degli studi storici dedicati alle lotte religiose del Cinquecento. Vittime dell’intolleranza religiosa (sia cattolica che protestante), gli “eretici” italiani come Gentile, che andarono vagabondando attraverso l’Europa con le loro inquietudini, si fecero portatori di quella tolleranza religiosa che nel secolo successivo avrebbe portato all’acquisizione del principio della libertà di coscienza».

 Il lavoro di Villella si fa apprezzare soprattutto per l’esposizione degli argomenti con cui il calabrese confutava la dottrina di Calvino. Non c’era posto a Ginevra per quelli che Calvino bollava come “settari” e “discepoli di Satana”. La condanna a morte dell’eresiarca calabrese era la conferma della rigidità dell’inquisizione calvinista che appariva così non dissimile da quella romana che avrebbe bruciato Giordano Bruno.

«Ricordare la malinconica storia di Valentino Gentile e degli altri gloriosi sostenitori del libero pensiero – conclude Villella –  significa rendere onore anche alle centinaia di vittime meno illustri o del tutto dimenticate che nell’epoca dell’intolleranza furono decapitate, squartate, impiccate, bruciate, chiuse vive nei sacchi e gettate nei fiumi dopo accuse equivoche avallate con atroci torture prese come prove di colpevolezza».

Raffaele Spada


Se il Sistema Bibliotecario Nazionale ha ritenuto di inserire le annate 1990-1996 del Corriere Calabrese nel catalogo il merito va agli editori Gigliotti, al comitato di redazione, composto da Antonio Iacopetta, Umberto Bartoletta, Antonio Bagnato, Lucio Leone, Marcello Vitale, Giuseppe Masi e al direttore Villella e, soprattutto, ai prestigiosi collaboratori, che qui di seguito vogliamo ricordare: On. Nilde Iotti, Saverio Di Bella, Ernesto Treccani, Augusto Placanica, Fernando Cordova, Giovanni Mottura, Raffaele Cananzi, Domenico Cara, Pasquale Poerio, Saverio Strati, Nunzio Dell’Erba, Carmine Abate, Gaetano Cingari, Enzo Ciconte, Raffaele Colapietra, Massimiliano Pezzi, Remo Naccarato, Enrico Seta, Luciano Luciani, Guerino D’Alessandro, Cesare Mule’, Stefano Allievi, Amalia Bruni, Enrico Pugliese, Mario Grandinetti, Lorenzo Viscido, Antonio Piromalli, Carmine Chiodo, Giuseppe Muraca, Mario Casaburi, Francesco Germinario, Lia Ghisani, Giuseppe Neri, Remigio Le Pera, Nicola Tranfaglia, Rocco Liberti, Franco Mosino, Teodoro Scamardi, Mario Centorrino, Nicola Provenzano, Ciro Cosenza, Achille Solano, Santi Fedele, Gennaro Mercogliano, Goffredo Plastino, Luigi Intrieri, Ludovico Perroni, Caterina Gattuso, Domenico Gattuso, Philomene Gattuso, Roberto Violi, Filippo Radogna, Paolo Natale, Demetrio Serrano’, M. Cesarini Sforza, Giuseppe De Benedetto, Mario Gallo, Marina De Luca, Gerardo Vacana, Angelo Di Lieto, Franco Ferlaino, Luigi Reina, Franco Palumbo, Santo Sesto, Luciano Romeo, Antonio Bargone, Giovanni Paladino, Maria Di Pino, Giuseppe Trotta, Giuseppe Covino, Raffaele Spada, Gianni Speranza, Raffaele Gaetano, Carmela Dromì, Italo Leone, Lucio Leone, Nicola Purri, Umberto Ursetta, Domenico Pecile, Danila Santagata, Antonietta Cozza, Arturo Boschiero, Luigi Bobba, Luciano Berti, Vittorio Vettori, Pietro Bonacci, Dante Maffia, Raffaele Sirri, Franco Frattini, Tobia Cornacchioli, Filippo D’Andrea, Guido D’Agostino, Guido Ferrara, Lucio La Penna, Urbano G. Caporale, Vincenzo Rimedio, Italo Palmieri, Vito Barresi, Antonio Barilla’, Francesco Reale, Antonio Ruggiero, Pietro Borzomati, Aldo Canino, Francesco Bartoletta, Vincenzo Napolillo, Saverio Napolitano, Antonio F. Parisi, Giuseppe Aragno, Giovanni Bianchi, Enzo Bianco, Dario Leone, Francesco Volpe, Francesca Ferragine  Pietro Pinto, Mario Iaquinta, Luigi Saladino, Cataldo Russo, Salvatore Oliverio, Roberto Rosso, Anna Caroleo, Pasquale Falco, Domenico Crusco, Enrico Cuiuli, Moise’ Asta,  Paolo Arecchi, Pino Amatello, Natale Vescio, Francesco  Sisca, Vincenzo Segreti, Eugenio Scalambrino.

Lamezia Terme, 11 gennaio 2021


La digitalizzazione della rivista trimestrale di cultura meridionale “Il Corriere Calabrese”, edita dal 1990 al 1996 dalla tipografia La Modernissima e diretta dallo storico Vincenzo Villella, ad opera del Servizio Bibliotecario Nazionale  rappresenta un grande riconoscimento alla cultura lametina, un patrimonio storico-culturale con la collaborazione dei più noti studiosi calabresi.

Come è noto il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) rappresenta 5000 biblioteche statali, universitarie, di enti locali e private presenti sul territorio nazionale. Il Catalogo collettivo di queste biblioteche contiene le descrizioni bibliografiche e le localizzazioni del materiale librario e di altre tipologie di documenti, consentendo agli utenti di accedere al loro patrimonio nei vari campi (autori, titoli, soggetti e descrizione di classificazioni).

«Il Corriere Calabrese è entrato nel catalogo perché risponde pienamente ai criteri di scientificità e di contenuti non soggetti a scadenza di interesse, fissati dal SBN – precisa il professore Villella – la rivista era una testata politico-culturale autorizzata dal prefetto di Catanzaro e fondata nel 1946 a Nicastro (ora Lamezia Terme) dal tipografo Federico Gigliotti, i cui figli editori e titolari della tipografia “La Modernissima” nel 1990 me ne affidarono la direzione».

Villella ricorda che «a partire dal primo numero del mese di ottobre del 1990, si scelse come tema di fondo la questione meridionale (di ieri e di oggi) analizzata sul piano storico non come problema del Sud soltanto, ma dell’intero Paese, proprio mentre sia a livello culturale che governativo sembrava non esistere più un interesse reale per sciogliere i nodi dei secolari problemi del Mezzogiorno, giornalmente sotto processo per i suoi mali e i suoi difetti che i mass-media denunciavano ingiustamente e spesso con pregiudizio».

«La rivista – ricorda Villella – si distinse per il respiro meridionalistico e nazionale, diventando portavoce della Calabria sana verso le altre realtà culturali, strumento di confronto e punto di richiamo delle forze intellettuali calabresi, dentro e fuori regione e ospitando interventi su temi di vivo interesse culturale e di attualità (storia, letteratura, ecologia, antropologia, turismo, ecc.) approfonditi in maniera monografica. Aspetto intorno al quale si sono affiancati rubriche e articoli su altri argomenti di interesse generale, dando anche spazio alla presentazione di libri. Tanto sono stati i docenti calabresi di varie università italiane, che con i loro articoli, inviatici disinteressatamente, hanno assicurato la scientificità agli argomenti trattati».

Lamezia Terme, 11 gennaio 2021

Raffaele Spada


La scuola di magistratura e notarile della fondazione Astrea, intitolata al giudice Rosario Livatino, ha aperto i battenti a Catanzaro con l’iniziativa su “Rapporti tra società civile politica mondo dell’informazione e professioni legali” organizzata dagli ordini dei Giornalisti e degli Avvocati come formazione, alla quale sono intervenuti magistrati, avvocati, notai, giornalisti e futuri studenti.

Hanno partecipato Giuseppe Soluri, presidente dell’ordine dei Giornalisti della Calabria, Manlio Caruso, presidente fondazione Astrea, Agazio Loiero, già presidente della Regione Calabria, Arturo Bova, presidente commissione regionale contro la ‘ndrangheta, Nicola Durante, presidente seconda sezione TAR Calabria, Teresa Chiodo, presidente Tribunale per i Minorenni di Catanzaro, Francesco Pullano, segretario dell’ordine degli Avvocati di Catanzaro, Filippo Veltri, giornalista, Tommasina Lucchetti, vicepresidente della Camera di Commercio di Catanzaro; Aldo Ferrara, presidente di Confindustria Catanzaro; Serenella Pesarin, vicepresidente fondazione Astrea, Rocco Guglielmo, notaio, Paolo Falzea Andrea Lollo, rispettivamente docenti diritto costituzionale e dgiustizia costituzionale all’università degli Studi Magna Graecia.


OdG-Prefettura-1-600x400All’evento, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Calabria, hanno partecipato il Prefetto di Catanzaro Luisa Latella, il Procuratore Generale presso Corte d’Appello di Catanzaro Raffaele Mazzotta, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro aggiunto Giovanni BombardieriArcivescovo Vincenzo Bertolone diocesi Catanzaro Squillace, il vicario del Questore Luigi Peluso ed il comandante dei CC di Catanzaro, colonnello Ugo Cantoni“Il codice deontologico dei giornalisti ed il rapporto con le fonti d’informazione” sono stati al centro di un interessante incontro-evento organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Calabria al quale hanno partecipato circa 200 giornalisti calabresi e tenutosi nella Sala del Tricolore della Prefettura di Catanzaro. Continua a leggere »


calabriaÈ stato presentato venerdi 11 luglio 2014 a Lamezia Terme presso l’auditorium del seminario vescovile il Parco Agricolo Calabria, un’associazione di imprenditori consorziatisi per condividere esperienze e professionalità alla luce dei valori e insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, a cura del circolo ACLI don Saverio Gatti di Lamezia Terme che insieme ad ACLI Terra Calabria ha promosso l’istituzione dell’associazione Parco Agricolo Calabria.

Chiara Macrì che ha presieduto e coordinato l’incontro ha da subito passato la parola a mons. Luigi Antonio Cantafora, vescovo della diocesi di Lamezia Terme, il quale salutando le autorità presenti, gli imprenditori e tutta la numerosa platea, ha detto di essere particolarmente contento di partecipare all’iniziativa in cui diverse realtà culturali e produttive del territorio si mettono insieme e nella condivisione possono generare risorse utili a creare nuove  opportunità lavorative. Il Vescovo ha anche sottolineato la necessità che il mondo imprenditoriale deve essere attento non solo alla produzione dello sviluppo e della ricchezza ma deve sapere anche guardare ai giovani, alla loro formazione e professionalità. Continua a leggere »

2013 in review


The WordPress.com stats helper monkeys prepared a 2013 annual report for this blog.

Here’s an excerpt:

A New York City subway train holds 1,200 people. This blog was viewed about 7,700 times in 2013. If it were a NYC subway train, it would take about 6 trips to carry that many people.

Click here to see the complete report.


285 rossotramonto 67«Iu vi vulèra scrivari nu ‘mbitu/ Mu vi fhacèra rìdari e scialàri,/ Mu vi cuntèra chiacchiari e strumbèlli,/ ma fhussi n’alligrizza minzugnèra,/ i sutta i sutta tanta malincunìa vinèra fhora./// E ‘mbeci no,/ dopu trentacinqu’anni e ancùnu jùarnu/ vulèra ancora e ancora n’atra vota/ mu stamu ‘nzema e mu scialamu/ a ricurdari quandu…/ e quandu chilla vota… e quandu ancora…» In dialetto sambiasino è partito alcune settimane fa un invito speciale per una rimpatriata dei famosi «Giovani della 285». Uno slogan forte tra gli anni ’70 e ’80, che racchiudeva tutti quei ragazzi e ragazze, i loro volti e le loro storie dei paesi della Calabria, che si erano iscritti nelle liste di collocamento negli uffici del lavoro e che avevano creduto nella legge 285/1977 per essere avviati al lavoro. Corrado Tropea, uno di loro, ha scritto questa bella poesia in dialetto sambiasino per esprimere tutta la sua gioia per questa rimpatriata, dopo 35 anni. Continua a leggere »